A me scrivere piace un sacco. Mi piace al punto che anche nei miei hobby c’è sempre una penna o uno schermo di mezzo: quando sono in vena scarabocchio poesie o monconi di romanzo, durante l’inverno mi reinvento drammaturga per passione scrivendo i testi del laboratorio teatrale per ragazzi della mia città natale, Spello.
È un amore duraturo, quello per il teatro: dapprima sul palcoscenico, per esprimermi con quella sicurezza che negli altri momenti della vita non riesco a tirare fuori, poi col passare degli anni appena sotto, in prima fila, con blocco, penna e occhiali ad appuntare tutte le frasi che emergono dalle improvvisazioni durante il laboratorio per infilarle in un copione che sia masticabile dai giovani attori – amatoriali, sì, ma mai dilettanti allo sbaraglio.
Più vado avanti più mi rendo conto di quanto il copywriting mi aiuti a scrivere per il teatro: sono abituata alla brevità e alla concisione, tipiche anche dei dialoghi serrati tra più personaggi; avere la testa allenata a mantenere un certo tone of voice nello scrivere contenuti mi aiuta a tratteggiare il modo di parlare di un personaggio: ironico, autorevole, svagato e così via.
A volte poi si fa riferimento a dei luoghi comuni o a battute che riportano l’immaginario dello spettatore alla scena di un film o a una situazione che conosce e che lo fa sorridere o può fargli comprendere meglio cosa sta accadendo; quando scrivo per lavoro parto spesso da modi di dire o espressioni di uso comune per innescare dei giochi di parole.
Non mi è sembrato vero, quindi, quando mi è stato chiesto di dare una mano per la stesura del copione di uno spettacolo con Emanuela Faraglia e Nicol Martini, due attrici professioniste che lavorano per Fontemaggiore; due persone con le quali sono spesso a contatto tra un laboratorio e l’altro, per le quali potevo cucire battute che calzassero a pennello.
È stato un mese interessantissimo, fatto di tanto lavoro d’improvvisazione (per loro) e osservazione (per me), con lo scopo di riportare in un testo scritto la brillantezza delle battute e delle situazioni comiche nate quasi per caso durante i vari incontri.
Il copione è stato ultimato al fotofinish, a ridosso della prima al Teatro Brecht di San Sisto (Perugia), perché in ogni prova c’era qualcosa di nuovo che arricchiva di senso la storia, che la rendeva più circolare e comprensibile.
Quando ho visto lo spettacolo da semplice spettatrice, sabato 5 luglio nella sede di Fontemaggiore, è stato come se lo vedessi per la prima volta e ho riso come se non sapessi cosa sarebbe successo in quei magici 50 minuti.
Succede sempre la stessa cosa: il tempo si ferma, lo stomaco smette di brontolare per il nervoso, la testa si libera dai nuvoloni neri di pensieri; ci sono solo il teatro, gli attori sul palco, la storia che vive nei cuori di chi la osserva con attenzione e se ne lascia emozionare.
Nello specifico la storia è molto bella e adatta a un pubblico di tutte le età, grandi e piccini; parla di due celebri sorell(astr)e che non sono poi così cattive come una certa fiaba ce le ha fatte conoscere. Parla di famiglie vere che non sempre rispondono a legami di sangue, di rancori finti – o esasperati – che nascondono in fondo tanta tenerezza, di zucche e dei loro derivati culinari. La frase più bella?
“Le sorelle non sono solo quelle con cui nasci ma anche quelle con cui cresci”.
(Posso dirlo con tranquillità, tanto non è venuta da me.)
Lo spettacolo “Due sorelle. Cenerentola non abita più qui” è andato in scena tutte le mattine fino all’11 luglio presso la sede di Fontemaggiore a Sant’Andrea delle Fratte (Perugia), ha debuttato nella rassegna domenicale “Teatro Ragazzi” a Spello e spero faccia presto il giro di molti teatri. In tal caso portateci i vostri figli, la vostra classe dell’asilo, i vostri nipotini… Giusto per darvi un alibi nel caso pensaste di essere un po’ troppo cresciutelli, per le favole.
Collega copywriter, anche tu di tanto in tanto scrivi qualcosa senza l’ausilio di cronometro e conteggio caratteri, per puro diletto?
Non sei copywriter ma applichi la tua abilità ad altri campi? La tua testimonianza è ugualmente interessante.
Curioso che questo post mi venga alle mani proprio ora. Io nasco come scrittore per il teatro (era quello che avrei voluto fare nella vita). Poi i corsi e i ricorsi dell’esistenza mi hanno trasformata in copywriter. Ma al cuore non si comanda: il primo amore non si scorda mai. E sta tornando di prepotenza nella mia mente e nel mio cuore la voglia di scrivere per gli attori. Chissà.
Grazie per queste riflessioni.
Ciao, Irene!
Si dice che dal teatro ci si allontani, ma che presto o tardi quella certa nostalgia del palcoscenico riporti lì, sulla scena del delitto o al primo amore. Io l’ho sperimentato in prima persona e al momento il teatro (scritto o recitato) è per me un luogo imprescindibile!
Se sei focalizzata sulla scrittura di testi teatrali non demordere, ci sono delle iniziative indirizzate ad aspiranti drammaturghi che permettono ai testi di essere letti da attori amatoriali (Mi viene in mente “10 Teatri per 33 Autori”, progetto di Duska Bisconti che ha toccato anche il mio teatro)… Fai un po’ di ricerca, chissà che non ci sia qualcosa di interessante!
In bocca al lupo (anzi, dato che anche tu sei avvezza alle dinamiche di questo pazzo mondo… Merda!)