Settimana scorsa mi sono messa alla prova con un workshop di elementi base di fotografia manuale per l’uso della reflex digitale tenuto da Dario Diarena, docente di Fotografia all’Istituto Italiano di Design di Perugia, in collaborazione con le Cantine Lungarotti, che hanno messo a disposizione cantine e vigneti per la parte pratica dell’evento. L’elemento campestre è nel mio DNA, quindi perché non provare a capire qualcosa in più di cosa avviene mentre scatto all’impazzata nelle mie uscite in giro per l’Umbria mettendomi in gioco tra i filari?
Fino alla parte teorica tutto bene.
Anche se non ho più l’allenamento universitario prendo appunti a raffica; i concetti sono tanti ma, insomma, avevo già fatto un corso di fotografia alle medie, basterà rinfrescarli e rafforzarli con un po’ di pratica. Nel primo pomeriggio si passa alla parte pratica: messa a fuoco, bilanciamento del bianco, rotelle e tasti vari per impostare priorità di tempi o diaframma e la temutissima modalità manuale.
Nel pre-giro della cantina faccio uno scatto ogni dieci minuti (tra l’altro brutto) e sento le avvisaglie di un attacco di panico: gente che sflèscia da tutte le parti come un branco di giapponesi impazziti per catturare le venatura di una foglia, mettere a fuoco un particolare nell’edera, fotografare il cielo sullo sfondo senza alterarne la temperatura mentre nel frattempo sullo schermo della mia fotocamera accade la qualunque: valori sballati, impostazioni diverse dalle altre fotocamere…
Una volta dentro la cantina il buio è fisico e mentale: colleziono una sequenza di foto mosse o con la luce sbagliata e nel cercare di capirci qualcosa butto anche giù degli imballi (fortunatamente vuoti) delle bottiglie di vino, quindi dopo aver chiesto scusa in ventisette lingue mi dileguo con la coda tra le gambe.
Un’imbranata si è forse impossessata del mio corpo?
No, ho appena avuto la dimostrazione pratica di quanto accade in qualsiasi lavoro, specie quello creativo.
Quando me ne vado in giro con la fotocamera riesco a scattare delle foto discrete perché, avendo un po’ di “occhio” inquadro la scena in modo abbastanza corretto e l’insieme ha un buon equilibrio compositivo ma il mio talento finisce lì; per fretta o per pigrizia ho sempre scattato in modalità preimpostata (foto in movimento, paesaggio, ritratto e così via, per intenderci). Di conseguenza la mia unica fatica è sempre stata posizionarmi in modo da ottenere l’angolazione che volevo, senza preoccuparmi del resto (chiamasi modalità cialtrona).
Quando mi sono ritrovata senza questo tipo di facilitazioni il mio cervello, non abituato a gestire tutte queste operazioni insieme, ha continuato a prestare attenzione ad una cosa o all’altra, come se fossero compartimenti stagni: se la foto aveva la giusta luce e non era mossa era inquadrata male e viceversa.
Solo quando sarò in grado di padroneggiare le regole basilari senza fermarmi troppo a rifletterci, con spontaneità, tornerò a scattare delle belle foto ma il primo passo è, appunto, studiare.
Dopo l’esercitazione il primo pensiero che ho formulato è stato “basta, domani vendo la fotocamera”, a mente fredda è diventato “basta col cazzeggio fotografico”. Servirà molta pratica e pazienza (conoscete un negozio dove vendono la seconda?) ma almeno quel passo in più – sempre che riesca a farlo – sarà tutta farina del mio sacco. Non si può improvvisare tutto, almeno se non si vuole rimanere raso terra.
“La creatività – dice Fabio Piergiovanni – è data da un 1% di fantasia e un 99% di progetto e un progetto è un sogno al quali destini risorse.”
Gong.
(Una cosa, però, ci tengo a dirla. Da ragazzina ho consumato decine di rullini analogici per fermare in un istante magico nuvole, tramonti e improbabili macro di piante da giardino. Non tutto è nato dalla tecnologia – e non tutta la tecnologia è venuta per nuocere, chiedetelo ai miei genitori.)
Se ti piace non mi demoralizzerei così tanto, il motore di tutto è la passione, il resto viene da sé. Studiare è fondamentale!
Compra dei libri validi e pratici come quelli di Scott Kelby o Michael Freeman, segui dei blog di riferimento, chiedi aiuto a chi più esperto di te e poi scatta, scatta e scatta ancora.
A presto 😉
Ciao Francesco,
hai detto una cosa giusta: il primo motore è la passione. Forse è per questo che in questo post posso sembrare dispiaciuta, in realtà ho solo toccato con mano i miei limiti. Una volta capiti quelli, hai già in tasca la chiave per superarli: studio, pratica e determinazione.
Grazie per i tuoi consigli! 😉